Mi chiamo Anna, sono una ventisettenne leccese. Da bambina timidissima e introversa, da più grande solare ed estroversa. Da sempre autostima pari a zero e profonda insicurezza. Laureata in Giurisprudenza, diplomata alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali Pavia-Bocconi e “Masterizzata” in Criminologia, psicologia e psicopatologia forense.
L’ansia ha sempre fatto parte di me, era l’ansia “buona”, quella che ti spinge a dare il meglio di te, a dare il massimo in tutto ciò in cui credi fermamente. Ma col tempo qualcosa è cambiato: l’indole perfezionista e l’ossessione per il controllo su tutto ciò che mi circondava hanno preso il sopravvento. La sera del 14 febbraio 2015, quattro giorni prima di un esame universitario, il mio cervello ha lanciato un potente segnale di stanchezza, di affaticamento: non volevo dormire. Sì perché non si trattava di insonnia, mi rifiutavo di abbandonarmi al sonno per timore di morire. Quando le palpebre si chiudevano io le riaprivo, in preda al panico. Questo episodio isolato, per me privo di significato, si è ripetuto per una settimana, finché non è scomparso, lasciandomi soltanto un senso di angoscia, di frustrazione.
Poco tempo dopo arrivò una seconda richiesta d’aiuto dal mio cervello, ormai stremato: ero a pranzo con i miei genitori, un pranzo come tanti altri, mio padre mi guardò e disse: “Anna, perché mangi così lentamente?”. Aveva ragione, in quel momento mi fermai a riflettere. Volevo controllare i movimenti della mia bocca, pure quelli! Avevo il terrore di soffocare col cibo, ed era così forte da superare e sopraffare il naturalissimo senso di fame. Ma anche quella volta pensai si trattasse di mie fissazioni, di sciocchezze, di inezie.
In effetti anche quel malessere passò, continuai a vivere senza farci caso. Eppure mia mamma, con il suo sguardo attento e premuroso, aveva capito che il meccanismo si stava inceppando, qualcosa non funzionava bene. La sera del 27 giugno 2018, guardando le finestre di casa, provai un senso di angoscia, come se qualcuno mi avesse tirato un pugno allo stomaco. Preciso che abito al quinto piano di una palazzina del centro di Lecce. Non ci feci caso, ancora una volta. La mattina seguente, in preda al panico, corsi da mia madre, le presi un braccio e le dissi: “Mamma, temo che mi possa buttare giù dal balcone. Aiutami! Voglio vivere!”. Questo era un segnale inequivocabile, terribile, dolorosissimo. Volevo e dovevo essere aiutata, così fissammo un appuntamento da un neuro-psichiatra.
I giorni che vennero, in attesa di quel colloquio, furono per me interminabili. Avevo pensato di trasportare il mio letto al primo piano del palazzo, così se mi fossi buttata dalla finestra non mi sarei fatta molto male. Non mangiavo più, se non qualche pappina frullata, anche bere acqua sembrava un pericolo, non dormivo più, non mi lavavo più, non uscivo più, non vivevo più, mille fobie albergavano in me.
Poi la svolta: mi venne diagnosticato il DOC (Disturbo Ossessivo Compulsivo). Iniziai una cura farmacologica e, successivamente, intrapresi un meraviglioso percorso di psicoterapia. Sono riuscita a riappropriarmi, a poco a poco, della mia vita. E arriviamo ad oggi, con una cura farmacologica ridotta gradualmente ed una convivenza pacifica col DOC. Ora lo conosco e lo riconosco, so quando sta per arrivare, non lo temo più. Anna è tornata.
È per questo che ho scelto di condividere con voi la mia testimonianza positiva, per dirvi che non siete soli e che non dovete arrendervi, mai. Considero il DOC come la fortuna nella sfortuna: mi ha donato una seconda vita, migliore della prima. Sono più consapevole, più matura, più felice, più serena. Adoro aprire gli occhi la mattina, riesco a godermi ogni singolo istante della giornata. Prima esistevo e basta, ora VIVO!
Ho imparato che i pensieri ossessivi sono solo pensieri e tali rimangono, non si tramutano in realtà, non si realizzano, mai. Ho imparato che può accadere di soffocare mentre si mangia ma non per questo non ci si deve godere uno dei più grandi piaceri della vita, il cibo. Ho imparato che a volte qualcuno muore durante il sonno, ciononostante dormire è bellissimo, sognare ancora di più. Ho imparato che non farò mai del male alle persone che amo, né a me stessa, semplicemente perché non lo voglio. Ho imparato che a volte esco dal mio corpo, viaggio un po’, ma poi ci rientro. Ho imparato a non avere paura. Ho imparato questo e tanto altro e chissà quanto ancora imparerò! Non sono una psicologa, una psicoterapeuta o una psichiatra, sono una ragazza come tante. Affidatevi a dei professionisti veri, non abbiate paura, la rinascita esiste davvero, è dietro l’angolo e vi aspetta!
Anna, Storie di una ragazza DOC
Progetto Attivismo Digitale