Non ho tanti ricordi della mia infanzia ma, nonostante “avessi tutto”, so che non sono stata una bambina molto serena. Sono stata però un’adolescente difficile, con un “brutto carattere” e molto confusa.
Per anni non ho saputo chi ero e chi volevo essere. L’unica cosa che sapevo è che non andavo bene ed ero sbagliata. Me lo dimostravano gli insegnanti catalogandomi come “problematica”, me lo dimostravano i compagni di classe che mi prendevano in giro perché non ero abbastanza bella, me lo dimostravano i miei genitori lamentandosi del fatto che le figlie delle loro amiche erano migliori di me o, infine, me lo dimostrava il mio primo ragazzo che dopo avermi lasciato ha tentato di fare violenza fisica su di me e mi ha maltrattato psicologicamente.
Questa sensazione di non essere giusta, di non essere degna, di non meritare l’amore non è mai andata via. Non è mai scomparsa del tutto. È ritornata in tutte le mie relazioni sbagliate, nella prima volta che mi sono innamorata e sono stata manipolata, durante la mia università, durante la tesi, quando mi sentivo dire che non ero abbastanza brava per fare il lavoro per cui avevo studiato.
Non mi sono mai sentita amata perché pensavo di non meritare amore. Ero scostante, pensavo di essere cattiva. Sentivo un vuoto incolmabile che nessuno riusciva a placare, un sentimento di dolore e di angoscia esistenziale che non aveva risposta in nulla.
Questa sensazione mi ha fatto implodere. La prima volta a 24 anni. Ho cercato aiuto e qualcosa ho trovato ma avevo paura di guardarmi dentro, avevo paura di cosa avrei potuto vedere. Sentivo dei “mostri” nella mia testa, così li chiamavo e non avevo il coraggio di guardarli in faccia.
Ho preferito abbandonare la terapia e nascondermi, buttandomi anima e corpo in un perfezionismo esagerato. Cercando di essere perfetta nel lavoro, perfetta nelle relazioni, perfetta in tutto. Ma sentivo che il dolore non si placava mai, che le emozioni arrivavano a ondate dure e taglienti come delle lamine affilate e pronte a farmi sanguinare.
La rabbia e l’ansia, accompagnata da eccessiva ipocondria, pervadevano le mie giornate. Fino a che non sono comparsi gli attacchi di panico, per un periodo, mentre ero all’estero e mi sentivo ancora più sola del solito e più abbandonata da tutti.
A distanza di anni ancora ringrazio quegli attacchi di panico. Mi hanno salvata. È difficile non avere paura di guardarsi dentro, quando hai paura di essere malata, di avere un meccanismo rotto.
Forse in parte era vero che avevo quel meccanismo rotto, ma prendermene cura mi ha aiutato. Ho finalmente iniziato a respirare, a sentire che potevo uscire dalla bolla di sofferenza che alla fine un po’ mi ero costruita.
Farsi aiutare necessita di un grande coraggio, ma stare meglio è possibile.
Io non so se le mie disfunzionalità, la mia paura di non poter essere amata, le mie paranoie, la mia difficoltà a gestire emozioni e stress, sparirà mai. Ma sta andando meglio, ci sto lavorando e questo per me è tutto quello che conta.
Articolo realizzato da Elisabetta di @_lifeinthemind_
per il progetto “Attivismo Digitale“