26 Novembre 2021

Ho visto tutto d’un fiato “Strappare lungo i bordi” e, a ‘sto giro, vi voglio parlare di dolore e sofferenza e sì, lo faccio anche con qualche accento romano qua e là.

Siamo sinceri, tutti noi parliamo di questa serie con il magone alla gola e una sensazione di pianto imminente. Non c’è nulla da fa, tutti soffriamo e Zerocalcare ha toccato un nervo scoperto: il dolore che, purtroppo, proviamo in molti e che pochi di noi riescono a esprimere.

Un racconto che è in realtà una storia collettiva. Quella di una generazione in lotta ogni giorno per se stessa.

“Noi andavamo lenti perché pensavamo che la vita funzionasse così, che bastava strappare lungo i bordi, piano piano, seguire la linea tratteggiata di ciò a cui eravamo destinati e tutto avrebbe preso la forma che doveva prendere”. Abbiamo creduto che bastasse “ritagliare” lungo questo percorso già tracciato per poter vivere bene. Andare all’università, mandare curriculum, lavorare (spesso in un posto che non ci soddisfa) e costruirci una vita. E ora? Non troviamo il nostro lieto fine. Siamo apatici, non riusciamo a riconoscere le nostre emozioni e ci rassegniamo a quello che crediamo sia un dolore solo nostro.

Siamo stati circondati da sempre da un sacco di aspettative, ma ora viviamo in uno stato di precarietà continuo (che poi, oh, non è mica solo colpa nostra). Abbiamo un cassetto pieno di sogni e, ogni tanto, abbiamo pure il coraggio di aprirlo, ma alla fine ci scontriamo sempre con la realtà e non possiamo far altro che raccogliere i cocci di obiettivi mancati, amori distrutti e insuccessi… Insomma ci troviamo a fare i conti con ‘sta vita.

“Ma la cicatrice quando passa?
La cicatrice non passa.

È come una medaglia che nessuno ti può portare via.
Ma perché non passa?
Perché è una cicatrice, se andava via con l’acqua era un trasferello.”

Cerchiamo tutti di nasconderci dietro la positività di una frase che ci accompagna da un po’ di tempo: “andrà tutto bene”, ma sappiamo perfettamente che non è così. Fingiamo di star bene, quando in realtà ci sentiamo inadeguati e “viviamo sgomitando e calpestando chi ci sta vicino”, ma, come Alice, vogliamo solo trovare il nostro posto nel mondo senza avere questa continua e asfissiante paura del futuro e anche del presente.

Insomma stiamo da far schifo, “siamo brandelli sottili e ciancicati come le vite che se ritrovamo in mano”, ma non siamo soli. Pensiamo erroneamente che le vite degli altri sono perfette, ma in realtà abbiamo tutti “sotto l’occhi solo ‘ste cartacce senza senso, che so’ proprio distanti dalla forma che avevamo pensato”. Forse ogni tanto dobbiamo solo ricordarci che “se potemo comunque strigne intorno al fuoco e ricordasse che tutti i pezzi de carta so boni per scaldasse. E certe volte quel fuoco te basta, e altre volte no”.

Strappare lungo i bordi ci racconta questo, insomma non vi dico che “andrà tutto bene” e che la vita sarà perfetta, perché “è una cosa che fa paura, ma è anche una cosa bella: è la vita”. Vivere è questo, ma nelle situazioni di dolore ci sarà sempre qualcuno pronto a capirci e ad aiutarci. Potremmo trovare una mano tesa di qualcuno che forse non ci tira fuori dal buio, ma può aiutarci ad accendere un piccolo fuoco… Perché “da soli non spostiamo quasi niente”.

Articolo di Giulia