04 Marzo 2022

Quando si soffre di attacchi di panico capita di vedere tutto offuscato, tutto nero.
Quando si soffre d’ansia capita di ritrovarsi al buio. 
Un buio mentale, ma contemporaneamente così percepibile, avvertibile; un buio che, inevitabilmente, spaventa.

“E’ come ritrovarsi nel labirinto bendato”.

A qualsiasi età, scoprire di avere ancora paura del buio è un grande trauma; non è mai facile accorgersi di non vedere più chiaramente, ma è ancora più difficile riordinare la propria vita, puntare un faro sul dolore e iniziare un percorso per ricominciare a vedere il sole e far sì che “gli occhi si riabituino alla luce”.

Fortunatamente c’è la possibilità di chiedere aiuto, con la stessa ingenuità e fiducia con cui un bambino sveglia la mamma in piena notte perché ha paura dei mostri sotto al letto o un turista chiede indicazioni perché si è perso in strade sconosciute. Fortunatamente ho scoperto che si può sempre scegliere di raccontare a qualcuno delle luci spente e che le persone nel settore della salute mentale sanno indicare la via verso gli interruttori a ciascuno di noi. Fortunatamente ho capito che anche quando sembra tutto finito, quando sembra tutto un grande blackout, “c’è sempre un dopo”. Far filtrare la luce dalle finestre della nostra camera è una scelta che spetta a noi e, per quanto a volte sia difficile, è importante che ognuno decida di aprire delicatamente le tende affidandosi a qualcuno. E’ importante chiedere aiuto per orientarsi nel buio, per ricostruire la geografia della propria stanza. 

“La geografia del buio è una stanza dipinta di nero, un mare d’ansia dove annega il pensiero” canta Michele Bravi nel suo album intitolato, per l’appunto, La Geografia del Buio. E’ un diario che racconta la convivenza con il buio e l’importanza della condivisione del dolore. Racconta un percorso a luci spente, in cui si scopre il prezioso ruolo dell’umanità nell’orientamento. È un vestito che ognuno di noi può indossare, adattandolo alla propria storia.

Personalmente ho lasciato, fin dal primo ascolto, che questo album cullasse la mia ansia, fino a farmi scoprire la magia data dell’intreccio delle emozioni di chi canta e di chi ascolta.
Ho sentito la necessità della musica nella mia vita quando ho conosciuto il rumore silenzioso e il silenzio assordante intorno a me: ho compreso che solo Lei è in grado di colmare gli ossimori. Le ho dato spazio quando ho percepito di non avere più spazio per me e tutto mi sembrava eccessivamente ingombrante: ho capito che Lei non ha una dimensione; quindi ho lasciato che tracciasse il confine sottile che divide me dal resto del mondo e, nemmeno per un secondo, ho avuto paura di affidarmi a Lei. E’ stata la mappatura dei momenti più disorientati della mia vita, e Michele racconta perfettamente, in ogni sua parola, quanto l’orientamento sia un processo complicato e delicato. 
Nell’esatto momento in cui si sono spente le luci e la mia anima è rimasta al buio, ho riconosciuto il potere vitale della musica, che non mi ha salvato e nemmeno curato, ma, con un’immensa sensibilità, mi ha insegnato che posso ancora vedere; ha “chiamato forte il mio nome” e io ho scoperto di sentirlo ancora. 


Tutte le citazioni sono state estrapolate da brani de La Geografia del Buio.

Articolo realizzato da Carolina
per il progetto “Attivismo Digitale