02 Dicembre 2021

Per la rubrica #ItacaMovie di questa settimana vi proponiamo un avvincente thriller psicologico americano, diretto da Todd Phillips. Si tratta di “Joker”, film del 2019 aggiudicatosi il Leone D’Oro a Venezia e basato sull’omonimo personaggio dei fumetti.

A fare da scenario è una Gotham City degli anni ’80, preda del degrado e della diseguaglianza sociale.
Protagonista della storia è l’enigmatico Arthur Fleck – impersonato da Joaquin Phoenix – che, per poter vivere e occuparsi di Penny, la madre affetta da delirio psicotico e disturbo narcisistico di personalità, si arrangia con un lavoro precario da clown, sognando di diventare un famoso cabarettista come il suo idolo, Murray Franklin, interpretato da Robert De Niro.


Arthur è una persona affetta da un disturbo della salute mentale e vittima di soprusi; sempre ai margini di una società che non lo accetta e, anzi, lo respinge.

Di particolare interesse appare il risvolto psicologico di tale pellicola: è lo stesso protagonista a spiegare attraverso un biglietto che porta sempre con sé, il proprio disagio psichico. Si legge: “Perdoni la mia risata, ho un disturbo. È una patologia che causa improvvisi, frequenti e irrefrenabili accessi di riso che non corrispondono allo stato d’animo. Può accadere a persone con lesioni cerebrali o particolari disturbi neurologici. Grazie!.

Arthur Fleck, pur non volendolo, esplode spesso in una risata compulsiva, incontrollabile e delirante a cui non può sottrarsi, talmente forte da togliergli il respiro. Ciò accade anche in situazioni in cui, forse, il protagonista avrebbe voglia di piangere o, più semplicemente, di restare in silenzio. La società lo tratta come se fosse un rifiuto, la gente lo evita, gli appellativi usati nei suoi confronti sono terrificanti.

Nel corso del film il protagonista si interroga sul complesso ruolo della società: “Cosa ottieni se metti insieme un malato di mente solitario con una società che lo abbandona e poi lo tratta come immondizia?”. Persino un detective, nelle scene conclusive del film, lo denigra sminuendo il problema, ridicolizzandolo, mettendolo a disagio e domandandogli: “Questo suo disturbo, la risata, è vera o è una cosa da clown?”. Arthur sente su di sé tutto il peso del disturbo che lo affligge, tanto da arrivare a scrivere nel proprio diario che spera solo che la sua morte abbia più senso della sua vita.

Rispetto alla patologia di cui soffre Arthur, si è ipotizzato che possa trattarsi della Sindrome pseudobulbare causata da lesioni o patologie neurologiche, ictus, Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e altre malattie neurodegenerative, tumori maligni, paralisi sopranucleare progressiva, malattie metaboliche e tanto altro.
Consiste in manifestazioni di risate e pianti fuori controllo che, spesso, seguono le prime.
Le crisi possono verificarsi in situazioni del tutto inappropriate, in momenti caratterizzati da forte emotività o stati di agitazione o essere l’esasperazione di quello che potrebbe tradursi in un semplice sorriso sul volto o un leggero velo di tristezza. I pazienti affetti da tale disturbo presentano difficoltà di masticazione e deglutizione e di coordinamento della lingua. Inoltre, possono tendere all’isolamento sociale, all’ansia e alla depressione.

Tra le curiosità relative al film si noti che Penny, la madre di Arthur, lo sprona sin dalla nascita ad essere sorridente – non a caso viene da lei soprannominato “Happy” – e a “mostrare una faccia felice”. Ed è ancor più interessante sapere che per ottenere una migliore interpretazione, l’attore ha studiato il comportamento di alcuni pazienti psichiatrici recandosi personalmente presso delle strutture specializzate e accettando di perdere peso in modo evidente, al fine di risultare il più possibile verosimile.

Possiamo concludere che da questa pellicola deriva la descrizione di una società vuota e superficiale che non riesce ad andare oltre le apparenze e il racconto di un uomo che non si sente mai all’altezza della situazione.

Commovente è la frase che Arthur appunta sul quaderno richiesto dalla psicologa che lo segue nel suo percorso terapeutico. Si legge: La parte peggiore di avere una malattia mentale è che le persone si aspettano che tu ti comporti come se non l’avessi”.

Fonte: https://scienze.fanpage.it/la-malattia-di-joker-esiste-davvero-cose-la-sindrome-pseudobulbare-sintomi-e-cura/

Joker: analisi psicologica della risata di Arthur Fleck – Cinematographe.it

Articolo realizzato da Anna
per il progetto “Attivismo Digitale