Allora le cose da dire diventano tante e per tutti. Chi è accanto ad una persona che soffre di depressione, merita la stessa attenzione perché nessuno può prevedere alcune situazioni, ma tutti possiamo imparare a conoscerle. Penso a mia madre, agli amici, i compagni, i miei familiari che durante la fase acuta mi hanno aiutata come potevano e forse hanno provato qualche senso di colpa nel non riuscire a “tirarmi su”. La guarigione è un percorso in cui ci si accompagna. Come? Come sentite di potere. È questo il punto: fate del vostro meglio e anche se non ve ne accorgete, chi soffre sente la vostra premura e attenzione. Sempre!
Cosa posso dirvi ancora? Qualcosa che il team “accanto” probabilmente crede di non sapere…
- Non esiste un libretto: si, è stata la mia premessa per questo articolo, ma intendo rafforzare il concetto: chiedete ad un genitore come si fa il padre/madre… Vi risponderà allo stesso modo: il manuale non lo hanno ancora pubblicato.
- Sentitevi capaci senza pensare al come: il come ve lo mostra il cuore, la sensibilità, l’attenzione che sapete di possedere altrimenti non leggereste queste parole.
- Silenzio: rimanere in silenzio senza parlare è un grande gesto di comprensione. Ricordo mia cugina Silvia. Un pomeriggio venne nella mia camera (ormai divenuta la mia vita), si mise sul letto vicino a me e con gli occhi lucidi mi disse solo “Lella… mi dispiace”. Rimase in silenzio, e io sentii tutto il suo affetto come non credevo di meritare.
- Comunicate la vostra “inesperienza”: ma non è bellissimo poter dire: “Non so cosa fare, non so come poterti aiutare, ma sono qui. Sbaglierò magari, ma so che questa è la mia verità e te la offro così, senza troppe chiacchere”. Si è bello, perché onesto, perché in quel “non sapere” risiede la chiave del vostro aiuto e forse della nostra guarigione.
- Non confondete la patologia con la persona: capisco sia difficile, talvolta estenuante… specialmente nei casi limite dove non riconosciamo più noi stessi, e la persona che abbiamo di fronte stenta allo stesso modo. Eppure… il pensiero che mi ha accompagnata negli ultimi anni è quello dello specchio: quando mi identificavo completamente nella depressione, ricordo che passavo dritta davanti ogni superfice riflettente. Non sopportavo la mia immagine. Evitavo di guardare il fantasma Eleonora. Sapete come ho iniziato a “guardare nuovamente me stessa”? Attraverso gli occhi delle persone che mi vedevano prima e dopo Gilda (questo è il nome che ho dato alla mia depressione), attraverso quel tenero abbraccio visivo di pura comprensione… Attraverso questo specchiarmi in occhi semplici, ho riscoperto la mia vera immagine: Eleonora.
Continuo l’elenco? No. Chiedo a voi di farlo! Qualunque sia la parte che vi preme esprimere, cosa aggiungereste alla lista? Un solo accorgimento, frutto della mia esperienza personale, sentitevi liberi! Ovvio! Sempre nel rispetto delle buone regole di condotta, ma liberi! Liberi di chiedere, di esprimere cosa provate… Cosa sentite dentro quando qualcuno che conoscete, perde la propria essenza e tutto si ferma? Quale pacca sulla spalla vorreste ricevere per capire che voi, si proprio voi siete importanti in questo scambio di “aiutami ad aiutarti? Cosa direste a chi è accanto ad una persona che soffre di depressione?
Articolo di Eleonora
per il progetto “Attivismo Digitale”