Il momento in cui ho intravisto la luce per la prima volta me lo ricordo bene.
Ero in moto e ho sentito la serenità nel corpo, pensando che la vita poteva essere piacevole. Erano stati mesi tormentosi e spaventosi, ma ho avuto la certezza che il meglio stava appena iniziando, pur sapendo che il male e le crisi non erano finite, ma che mi stavo costruendo una “cura su misura”. Forse è stata opera di molecole chimiche, insieme ad alcune parole, a far scattare quella flebile scintilla, degna di un’alchimista.
Quanto tempo può intercorrere fra adesso e due estati fa? Forse decenni, anche se quel primissimo momento di svolta, in cui nell’inferno ho trovato la luce, non posso dimenticarlo. È quello che dovrei portare alla memoria ancora adesso quando a questa luce ho fatto l’abitudine, perché non è più un evento raro, ma anche quando mi sembra che l’inferno sia a un passo.
Il lato positivo di metterci tanti anni per trovarla, è sapere che ora è dentro di me: nei momenti di crisi, quando credo di tornare indietro, quando sono triste e quando sono felice, è quella che mi ricorda che me la sono conquistata con lacrime e sudore, con sorrisi e risate.
Da quel momento di due anni fa, quando il fondo mi ha risucchiata, so che quella forza vitale mi appartiene: le tenebre mi attraggono più della luce dato che le conosco meglio, così tanto meglio che mi seducono, ma quanta luce torna dopo a splendere. È brillante, colorata, sempre nuova perché inaspettata, ogni volta è sorprendente. La vedo ancora e me ne stupisco: la vedo nel parco, nel sole, nei messaggi divertenti, nelle parole belle, nei sorrisi, negli abbracci, nei colori, nel cibo, nella strada enorme ancora da fare, ma di cui si può godere nel frattempo. Non sono arrivata fino qui per fermarmi: mi risuona ripensando che quella piccola torcia due estati fa era la cosa più luminosa che avessi mai visto in tutta la mia vita, e ogni passo è costato una tonnellata, eppure la luce che vedo non sarebbe tanto miracolosa se non arrivassi dall’oscurità.
Quando tutto diventa buio e senza una ragione e la vita sembra orribile bisogna ricordarsi che anche se si sa cambiare la lampadina, ci vuole del tempo perché al primo tentativo può non riuscirci. Forse ho bisogno di una mano, di un abbraccio in più, di una coccola, ma se nemmeno quella basta per illuminare allora devo fare un atto di fede: non è bruciata irrimediabilmente e io devo solo ricordarmi che so fare luce, ne sono capace. E fino a che non me lo ricordo mi immergo nel passato buio e penso di essere tornata li; ma anche quando le sensazioni sono uguali è tutto cambiato.
Chi tocca così tante volte il fondo sa riconoscere la vita quando ha finalmente voglia di ricominciare, sa che rinascerà ancora e ancora. Forse il dolore fantasma di quella ragazza che era immersa nelle notti fa parte di me esattamente come quella che ha visto la luce. Non posso rinnegarla perché anche quando vivere sembrava e a tratti sembra ancora, troppo assurdo, faticoso, tremendo e insostenibile per il mio corpo e mente così fragili, la forza di andare incontro alla bellezza mi è stata da lei, da quelle notti di terrore. Allora basta un enorme sforzo di pazienza ed ecco che inizio ad intravedere i colori. Posso tornare a prendermi le cose belle, con la consapevolezza che saranno proprio quelle piccole torce che si accendono a combattere il dolore quando bussa alla porta, il mondo che mi merito è fuori da quel buio, devo solo ricordarmi che vale la pena affacciarmi e continuare camminare, sbucciarmi le ginocchia e ricominciare.
Articolo di Sara
per il progetto “Attivismo Digitale“