Non conoscevo Progetto Itaca, ma si stava avvicinando il mio compleanno e Facebook, come ogni anno, mi stava invitando a fare una raccolta fondi per una onlus.
Ho pensato a che regalo mi sarei voluta fare quest’anno: stare bene, finalmente. Così feci una piccola ricerca e trovai una fondazione che si occupava di disagio mentale, proprio Progetto Itaca. Mi sentii subito meno sola. Sul loro sito ricorrevano spesso due parole: silenzio e ascolto. Quante volte ho preferito il silenzio per paura di non essere ascoltata, pensai. Troppe volte.
Progetto Itaca invita a far parlare chi preferirebbe il silenzio, chi ha paura che essere ascoltati significhi essere sentiti. La Fondazione ha sedi in tutta Italia e una rete di progetti che dà voce a silenzi come i miei, a silenzi che gridano aiuto e che hanno paura di non essere compresi.
Credo che la malattia mentale sia ancora un tabù.
Lo era anche quando mi ammalai di depressione, con correlati ansia e attacchi di panico ad appena tredici anni. Preferii il silenzio, quel silenzio che poi mi portò ad ammalarmi, rischiando la vita, di anoressia nervosa. Avevo dato voce al mio corpo, ma ancora non avevo chiesto aiuto con la mia voce. Poi cominciò quella sensazione di vuoto cronico, di insoddisfazione perenne dei sensi.
Sento tutto troppo, poi sento tutto troppo poco. Arrivai a tentare per la prima volta il suicidio. Furono i miei gesti a parlare, non io.
Intorno ai diciassette anni arrivò la diagnosi: disturbo di personalità borderline.
Ancora oggi mi chiedo perché. Perché non sono mai stata in grado di dire: ‘Io da sola non ce la faccio ad amarmi’? Volevo solo sentire qualcosa, non volevo più sentire nulla.
I tagli, il sesso, l’alcol, la droga. Mi ero persa. Io volevo solo sentirmi viva. Vi prego, ascoltatemi. Volevo sentirmi tanto viva che ho giocato con la mia stessa vita.
Oggi non do più colpa a me stessa. Io non sono le sensazioni che provo, la mia instabilità emotiva, la difficoltà a relazionarmi con gli altri, i traumi tatuati sulla pelle che hanno fatto di me una persona vulnerabile. Io sono quella donna sana che a volte rinnego di poter essere. Ancora in me c’è quella vulnus, quella ferita che mi rende vulnerabile. Ma io non sono le mie ferite.
È quando si ha il coraggio di far tacere quel silenzio che ci fa ammalare che si può provare a stare meglio. Il regalo che voglio fare a me stessa per il mio compleanno è anche questo: chiedere aiuto, finalmente.
Progetto Itaca aiuta persone che come me hanno paura di non essere ascoltate, capite; di essere, anzi, giudicate perché spesso vittime di pregiudizio. “Con la tua donazione, sosterrai tante persone che soffrono di disagio mentale e le loro famiglie e ti opporrai al pregiudizio che spesso le colpisce più duramente della malattia stessa.”