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Itaca blog
20 Settembre 2024

La luce dopo il disturbo ossessivo compulsivo

Cara Lau, in questi giorni ho iniziato un po’ a tirare le somme del mio percorso, a mettere insieme delle riflessioni che mi hanno portata a desiderare di scriverti questa lettera.

Col DOC è sempre stato come vivere in sala d’attesa.

Parlare di guarigione è una follia, se solo apri Google e ti metti a leggere si parla di ossessioni che non andranno mai via, di cronicità e di una catena che non finisce mai.

Ma siamo sicuri che la guarigione abbia a che fare davvero con questo?  Siamo sicuri che sia giusto avere il terrore di usare questa parola, come se fosse un’eresia?

Una cosa che ho imparato agli inizi della recovery è stata che prima di guarire, prima di pensare a questo enorme processo, bisogna volerlo, sentirsi pronti, mettersi nelle condizioni di poterlo fare, e questo ha a che vedere con qualcosa che si sente e non che si decide.

Non ho deciso con la mente di farlo, non ho scoperto una strategia magica che bloccasse le ossessioni, non ho imparato un comportamento modello da seguire per non compulsare. La strategia “comportamentale” è arrivata dopo immenso lavoro di pancia; una guerra di stomaco tra quella me ingabbiata nell’illusione del controllo e quella me nuova che ho iniziato a portare in grembo nel 2016, che ho partorito nel 2022.

Non ho più dato al DOC ragion d’essere, ho smesso di allattarlo e ho cominciato ad allattare me stessa, raccogliendo i frutti di quel nutrimento e lasciando terra arida a quella parte di me che, con amore, ho scelto di lasciare.

Arrivare qui ha comportato tanti anni di buio e tu questo lo sai bene, anni dove non vedevo una soluzione, dove il mio scopo nella vita era scongiurare le tragedie stando a letto a torturarmi.

Mi sono dovuta far distruggere da questo dolore, arrivare più in basso possibile, vederlo in faccia, a tu per tu, senza più sotterfugi… Arrivare alla “spina dorsale della vita” come dico io, per poi decidere se risalire o rimanere esattamente lì.

Sono rimasta stupefatta da come spesso, noi esseri umani, arriviamo al mondo sentendo già di non meritarlo. Sono stata lì a contemplare questa percezione, a scavare, a capirne il senso, da buona ricercatrice della vita quale sono, e tu questo lo sai.

Sono stata seduta accanto a quei mille pensieri che mi passavano davanti, uscendo dalla presunzione d’esser “Barbara l’immeritevole” e prendendo i panni di Flor, un’anima viaggiatrice alla scoperta dell’esistenza, con umiltà e rispetto, al mio posto, da dove la visione è decisamente più bella.

Sedermi accanto all’universo mi ha permesso di trovare la mia importanza, onorare la mia vita senza la presunzione del controllo, della conoscenza del giusto e dello sbagliato, ma arrendendomi gioiosamente alla vita che ho scelto, sentendo la fortuna dell’esserci, con tutto ciò che ho portato appresso sino ad oggi, e ciò che costruirò domani.

Siamo piccoli davanti a questo grande mistero, ma siamo anche grandi quando decidiamo di farcene carico, di prendere in mano tutto quel dolore e trasformarlo… Siamo grandi quando ci guardiamo attorno e ci rendiamo conto che tutti camminiamo verso la stessa cosa, e il dolore che spesso sentiamo unico, è un compagno collettivo. 

Quando si pensa che la guarigione abbia a che fare con la scomparsa dei sintomi, si fa un grande errore di valutazione, perché siamo noi stessi a tenerli in vita, credendo a loro.

So che questa verità viene accettata solo quando si è pronti, e io me la sono sudata, so quante volte non l’ho voluta sentire.

La mia indole mi porta a pensare di scrivere mille consigli per le persone, ma so che il più grande di tutti, e il più vero, è quello di abbandonarsi al dolore, sino a che questo vuole esistere… Sarà lui a prenderci per mano e a guidarci sino a che vorrà salutarci.  Il mio cervello ha vissuto di ossessioni per 20 anni, e non sarà certo mai immune. Ma c’è qualcos’altro che risiede nel mio corpo, un luogo dove alle ossessioni non credo più. A me piace chiamarlo anima, ma per ognuno ha un nome diverso forse… E io vi auguro di trovare il vostro.

Articolo realizzato da Barbara di VitadaFlor,
per il progetto “Attivismo Digitale“

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