La “notte più spaventosa dell’anno” si avvicina e, come a ogni Halloween che si rispetti, i piani editoriali di ogni content creator si popolano di immagini, testi e suggestioni a tema.
Che l’obiettivo sia venderti l’aspirapolvere del momento o farti abbonare all’ultima piattaforma di streaming, promuovendo un film horror più o meno scadente, stanne certo: tra ragni, sangue finto e zombie, troverai sicuramente almeno un riferimento a un reparto psichiatrico. Perché, si sa, “i matti” fanno paura.
Nonostante gli studi mostrino solo un lieve incremento di atti violenti tra le persone affette da disturbi mentali, tale dato risulta purtroppo amplificato nell’opinione comune. I media, dal canto loro, non aiutano sempre a dare delle malattie mentali un’immagine realistica. La connotazione, negli articoli di cronaca, è spesso negativa, per lo più basata su pregiudizi che vedono le persone con questi disturbi come inaffidabili, imprevedibili, pericolose.
I vocaboli e le espressioni che accompagnano impropriamente le cronache di delitti, stupri, violenze, spesso rimandano alla sfera semantica delle malattie mentali. Basti pensare ai molti titoli di giornale che, purtroppo, spopolano sui nostri quotidiani quando si parla di femminicidi: pazzo, maniaco, mostro, psicopatico, folle, schizofrenico… Sono diverse le declinazioni linguistiche della presunta “improvvisa perdita della ragione” del carnefice.
Il ricorso a questi pregiudizi incrementa gli ostacoli che chi soffre di disturbi mentali si trova a dover affrontare, rendendo più difficoltoso il percorso verso le cure. Diversi studi hanno infatti dimostrato che la rappresentazione delle malattie psichiatriche influenza l’atteggiamento della società e il tipo di trattamento destinato a coloro che soffrono di disturbi psichici.
Il sociologo Erwin Goffman teorizzò il concetto di stigma in termini di discredito permanente che affligge lo status sociale di una persona. Tale concetto fu poi adottato dalla psichiatria sociale per definire l’insieme di connotazioni negative che vengono pregiudizialmente attribuite a coloro che soffrono di disturbi psichici, determinandone l’esclusione dalla società.
Servizi giornalistici errati, non curanti del danno che causano sia a livello individuale, sia nel promuovere stereotipi dannosi agli occhi della società, hanno posto l’attenzione sulla necessità di un’informazione corretta ed equilibrata.
Per promuovere una corretta comunicazione sulla salute mentale, a partire dal 2009, a Trieste, persone che hanno convissuto con l’esperienza di un disturbo mentale, associazioni di familiari, medici, giornalisti si sono confrontati sul tema per redigere un testo che potesse funzionare da riferimento etico e deontologico per gli operatori dell’informazione.
Il documento, oggi conosciuto come “Carta di Trieste”, mira a contrastare lo stigma, i luoghi comuni, gli stereotipi che ancora oggi continuano a influenzare negativamente la vita delle persone coinvolte, spesso allontanate proprio per paura.
NB: L’ignoranza, quella sì, che spaventa!
Articolo realizzato da Eleonora,
per il progetto “Attivismo Digitale“
Bibliografia:
– GRITTI, Paolo ; GAGLIARDI, Silvana. Stigma ed esclusione sociale nelle malattie mentali: un problema irrisolto In : Bioetica pratica e cause di esclusione sociale [en ligne]. Milano : Mimesis Edizioni, 2012 (généré le 17 octobre 2022);
– Paulillo G. ; Resteghini V. ; P. Pellegrini ; Nico A. Salute mentale e mass media: un codice etico per l’informazione nella salute mentale.