“I miei erano spesso fuori per lavoro, non avevo fratelli o amici che abitassero vicino a casa mia ed ero una bambina piuttosto timida e fantasiosa.
Un giorno, seduta in terrazza a osservare i rami dei pini che si facevano lentamente cullare dal vento, pensai a quanto sarebbe stato bello avere un’amica speciale con cui vivere mille avventure.
La mia fantasia iniziò a galoppare e così Marina entrò in punta di piedi nella mia vita.
Lei era veramente unica. Era il mio rifugio durante le noiose ore di lezione, il conforto dei miei pomeriggi solitari, l’ancora di salvezza nel mare delle mie insicurezze.
Col tempo, iniziò a farmi visita sempre più spesso. Molte volte ci trovavamo sul mio terrazzo e i vicini iniziavano a guardare i nostri incontri con un misto di perplessità e sospetto; anche a scuola insegnanti e compagni non capivano cosa mi portasse a bisbigliare e gesticolare così frequentemente.
Crescendo, mi sforzai di allargare il mio giro di amicizie reali, con cui iniziai a uscire e a condividere i primi anni e cambiamenti tipici dell’adolescenza.
Da fuori sembrava procedere tutto nella norma, eppure nessuno ancora riusciva a darmi ciò di cui Marina era capace. Non vedevo l’ora di rientrare a casa, sprofondare nel mio letto e fantasticare su nuove avventure insieme a lei: tanti viaggi improvvisati, situazioni assurde e divertenti, nuovi personaggi che venivano attirati dal suo entusiasmo e si univano alle nostre vicissitudini.
Presi finalmente coscienza di quanto avevo fino ad allora cercato di negare: Marina era una droga e io ero arrivata al punto di non poterne più fare a meno.
Chiesi il consulto di diversi terapisti, dai quali ricevetti soltanto sorrisi bonari e una pacca sulla spalla che stava a significare ‘tutti ci facciamo prendere dalle nostre fantasie, e grazie al cielo che abbiamo questo conforto!’.
Mantenere la sufficienza a scuola, nel frattempo, cominciava a farsi sempre più difficile e addormentarmi la notte iniziava a diventare problematico. Marina ormai entrava nella mia quotidianità come se fosse a casa sua, senza bussare, aprendo prepotentemente la porta. E io non ero in grado di richiudergliela in faccia.
Rassegnata e frustrata dal senso di colpa che mi provocava l’idea di avere 17 anni e preferire un mondo di fantasia rispetto alla realtà, un giorno distrattamente digitai su Google le parole ‘sognare troppo ad occhi aperti’. Fu uno shock realizzare che non ero l’unica a farlo e scoprire che tutto quelloaveva addirittura un nome, maladaptive daydreaming disorder.”
Questa è una delle tante testimonianze in cui ci imbattiamo sulla rete, digitando le tre parole che identificano questo disturbo.
Persone di ogni età che trovano il coraggio di raccontare apertamente di un fantasticare irrefrenabile, non di rado accompagnato da un successivo senso di disagio e vergogna. Ma cos’è di preciso il maladaptive daydreaming disorder o disturbo da fantasia compulsiva?
Innanzitutto non è un disturbo mentale ancora ufficialmente riconosciuto.
Il termine, coniato nel 2002 dal professor Eli Somer dell’Università di Haifa in Israele, identifica una forma disordinata di assorbimento dissociativo associato a un’attività di fantasia vivida ed eccessiva che spesso coinvolge scenari elaborati e fantasiosi.
Come per ogni disturbo psichico, è necessario tracciare i limiti tra normalità e patologia: un’attività immaginifica, anche particolarmente intensa, è vissuta quasi da tutti e può assumere un carattere necessario e stimolante nella vita quotidiana, come aiutarci a staccare momentaneamente la spina o trovare soluzioni migliori ai nostri problemi. Per un maladaptive daydreamer, quest’attività finisce invece per diventare una condizione profondamente invalidante e disfunzionale poiché interferisce con il normale funzionamento sociale, lavorativo e scolastico.
Caratterizzati da trame complicate e popolati da personaggi ben strutturati, in questi “vividi universi alternativi” un fantasticatore compulsivo tende a trascorrere più del 60% della sua giornata, spesso accompagnando il sogno a occhi aperti con movimenti più o meno stereotipati, come camminare avanti e indietro, dondolare, esprimere le emozioni provate attraverso mimica facciale.
Il “risveglio” inoltre può portare con sé sia segni di leggero malessere fisico (vertigini o mal di testa) che sintomi di malessere psicologico (ansia, senso di vuoto interiore, vergogna).
Eppure per questi soggetti il daydreaming è così gratificante che sfocia, secondo alcuni professionisti, in una dipendenza alla quale diventa terribilmente difficile rinunciare, come può accadere con l’alcol, il gioco d’azzardo o internet.
Altri riscontrano molti tratti in comune con il disturbo ossessivo-compulsivo, dato che la compulsione a fantasticare si esime da un vero e proprio controllo razionale ed entra intrusivamente nel flusso di pensieri del sognatore disadattivo.
C’è chi trova un filo conduttore anche con l’ADHD (disturbo da decifict di attenzione) e con i disturbi dissociativi, caratterizzati da una temporanea perdita di contatto con ciò che è reale. Viene invece esclusa la sfera della schizofrenia, per la quale chi ne è affetto non è in grado di distinguere fantasia da realtà.
La difficoltà a incasellare questo disturbo e la sua scoperta relativamente recente, hanno portato molti fantasticatori compulsivi a cercare sostegno online, creando numerosi forum e gruppi di supporto e auto-aiuto.
Su questi siti è possibile trovare alcuni suggerimenti utili, ad esempio sperimentare pratiche di mindfulness che aiutino a ristabilire una connessione con la realtà, evitare la solitudine, confrontarsi con altre persone che vivono questa condizione disadattiva e provare a comprendere le radici del problema.
L’origine del disturbo non è ancora chiara agli studiosi, ma molti concordano sul fatto che potremmo trovarci a che fare con un meccanismo di coping di fronte a un trauma passato o a specifiche inadeguatezze cui il soggetto si trova a far fronte. Pertanto l’opzione di sfuggire alla realtà, creando un mondo perfetto nel quale i nostri bisogni vengano soddisfatti appieno e si goda di approvazioni che nella vita reale vengono invece a mancare, potrebbe rappresentare una scelta piuttosto attraente. Non per ultimo, si consiglia vivamente di avviare un percorso psicoterapeutico, per ricevere una diagnosi più accurata e muovere i primi passi verso un miglioramento personale e una maggiore auto-consapevolezza.
Articolo realizzato da Melanie,
per il progetto “Attivismo Digitale“
Sitografia:
https://www.bbc.co.uk/news/resources/idt-sh/the_daydream_that_never_stops
https://www.bbc.co.uk/news/resources/idt-sh/the_daydream_that_never_stops
https://www.maladaptivedaydreamingitalia.com/
https://www.stateofmind.it/2013/07/fantasticare-occhi-aperti-stress/
https://www.sleepfoundation.org/mental-health/maladaptive-daydreaming
https://www.scientificamerican.com/article/living-in-an-imaginary-world/
https://www.bbc.co.uk/news/resources/idt-sh/the_daydream_that_never_stops