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Itaca blog
27 Novembre 2024

Perché le persone con disturbi mentali fanno paura?

Articolo di Valentina per il progetto Attivismo Digitale

Perché le persone con disturbi mentali fanno paura?

Quando si scopre che una persona – un collega, un conoscente o un familiare – soffre di un disturbo mentale, le reazioni più comuni tendono a seguire due filoni principali. Da un lato, c’è chi sminuisce la malattia con frasi come “Ma sì, abbiamo tutti i nostri alti e bassi” rivolte a chi è affetto da disturbo bipolare, o “Fatti una passeggiata all’aria aperta, vedrai che starai meglio” indirizzate a chi attraversa una depressione. Dall’altro, c’è chi reagisce con paura, vedendo in quella persona un potenziale pericolo o addirittura un individuo da evitare, perché ritenuto intrinsecamente cattivo.

La prima reazione spesso nasce da un’incompetenza nel comprendere i disturbi mentali, o talvolta dal rifiuto di accettare che un proprio caro possa esserne affetto. Tuttavia, la seconda reazione – quella basata sulla paura – è ancora più radicata e complessa. Qui entrano in gioco fattori culturali e storici, come il ruolo dei manicomi, che per secoli hanno alimentato l’idea che i cosiddetti “matti” fossero pericolosi e incontrollabili. Oggi, però, c’è un altro elemento che contribuisce a perpetuare questo stereotipo: i media, in particolare film e serie TV.

Quante volte, guardando un thriller, un film horror o una serie crime, il criminale viene descritto come uno psicopatico, un bipolare, uno schizofrenico o comunque affetto da un disturbo mentale? La risposta è: spesso, forse troppo spesso. Questo continuo accostamento tra malattia mentale e comportamenti criminali non è soltanto dannoso ma rinforza un’associazione sbagliata e profondamente ingiusta. Non si tiene conto del fatto che la maggior parte delle persone con disturbi mentali non sono violente né rappresentano un pericolo per gli altri.

Certo, è vero che alcune patologie possono, in rari casi, indurre comportamenti aggressivi, ma ridurre tutto a malato di mente = criminale è una semplificazione pericolosa. Dobbiamo ricordare che ci sono assassini e ladri tra le persone perfettamente sane, così come ci sono individui con disturbi mentali che conducono una vita pacifica e rispettosa degli altri.

Il problema si aggrava quando i media, che dovrebbero essere anche strumenti di educazione, contribuiscono a consolidare questi pregiudizi. Se continuiamo a raccontare, attraverso film e libri, che l’antagonista violento o l’assassino è quasi sempre un malato di mente, non faremo altro che alimentare lo stigma. E così, non riusciremo mai a normalizzare queste malattie, né a trattarle con la stessa dignità riservata a patologie fisiche come il diabete o l’asma.

Un ulteriore aspetto da considerare è la difficoltà, ancora oggi, di accettare e comprendere ciò che non è visibile o tangibile. Una ferita o una crisi respiratoria sono facilmente osservabili e suscitano immediata empatia; i disturbi mentali, invece, richiedono apertura mentale e la capacità di guardare oltre ciò che appare. Questa difficoltà spesso ci impedisce di accoglierli e trattarli per ciò che sono: malattie, non tratti caratteriali o condanne morali.

In conclusione, fino a quando continueremo ad associare i disturbi mentali al crimine, non solo ostacoleremo l’accettazione di chi ne soffre, ma renderemo impossibile un reale progresso nella lotta allo stigma. È necessario cambiare la narrazione, sia nella società che nei media, per costruire una cultura più empatica, consapevole e rispettosa.