“Che cosa vuoi fare ora della tua vita?” è una domanda che, prima o poi, riceviamo tutti, ma ha davvero un senso solo quando ce la poniamo noi.
Non importa se ho diciannove anni e sembra che il mondo intero mi chieda di scegliere cosa studiare, di capire che carriera voglio intraprendere, di prendere in mano la mia vita, di imboccare una strada, una qualsiasi… Quello che conta è che per me non è il momento di darmi risposte, ma solo di cercarle; non mi merito una strada qualsiasi, mi merito di trovare la mia strada; quello che conta è che mi sento libera dalle pressioni sociali.
La pressione sociale si traduce nell’incapacità di un individuo nel mantenere il suo criterio, opinione e credenze dinanzi alle pressioni di altre persone. Essa esercita una certa influenza sulla presa di decisioni e sul comportamento dell’individuo e può portare a sentimenti negativi come tristezza, ansia, scarsa autostima, delusione e insoddisfazione.
La società ha su di noi delle precise aspettative che ci comunica attraverso i modelli che impone ai suoi membri e che condizionano inevitabilmente la costruzione del nostro sé ideale, ovvero l’immagine di ciò che vorremmo essere.
Penso che uno dei più grandi traguardi che possiamo raggiungere sia costruire un sé ideale sulla base di ciò che desideriamo e non su ciò che gli altri desiderano o si aspettano da noi. Seguire la propria volontà a dispetto del percorso suggerito dalle aspettative sociali è una scelta fondamentale per il nostro benessere psicologico, anche se non è quasi mai la più facile. Sta tutto nell’ascoltare ciò che vogliamo veramente per noi, che non per forza deve essere una laurea, un lavoro stabile, un matrimonio e dei figli, e dargli voce con tutto il coraggio e la forza di volontà di cui disponiamo. Sì, la serenità sta proprio nel dar voce all’intuizione, a volte all’insensato, all’impossibile o all’impensabile.
Io non so che cosa voglio, cosa cerco dalla vita, a volte non so nemmeno cosa provo, cosa penso; non so neppure cosa mi spaventa o cosa mi serva davvero; ma tante volte penso che sia bello non sapere niente, vivere nel disordine di chi abita una vita troppo ordinata.
Per mettere in ordine c’è sempre tempo: ci saranno persone, luoghi, emozioni che metteranno ogni cosa al proprio posto. Adesso, a diciannove anni, per me è bello vivere nella confusione e il senso della vita sta proprio in questo disordine incomprensibile agli occhi degli altri e, a volte, anche ai miei. È giusto così, è giusto che io scelga di vivere esperienze che mi fanno sentire così confusa da farmi sentire serena, come è giusto che ognuno attraversi il proprio momento di vita, senza sentirsi fuori posto o fuori tempo, perché è proprio quando smettiamo di seguire i ritmi degli altri e di porci troppe domande, decidendo di accogliere solo le risposte che la vita ci dà, che riusciamo a prenderci cura del nostro sé ideale, così da iniziare a costruire il nostro sé reale.
Articolo realizzato da Carolina,
per il progetto “Attivismo Digitale“