Quando mi sento di meno degli altri perché meno maneggevole nel cambiamento, me lo devo ricordare da dove parto.
È un miracolo esserci e non solo fisicamente, ma essere presente nella mia vita, avere ancora della speranza e non cedere ai fantasmi del passato che mi vogliono spersa e senza forze per le ferite che a ogni cambiamento bruciano. È un miracolo e me lo ricordo quando mi pare di impazzire dalla tristezza, tanto toglie il fiato, e ricordandomi che passa, come fa sempre, riesco a riconoscere che una direzione opposta esiste. Ridisegnando la mia traiettoria, ancora e ancora, si illumina un faro nel percorso.
Nulla è scontato, anzi è tutto guadagnato perché avrebbe potuto non esserci, allora lo riconosco che è grazie a me stessa se adesso c’è qualcosa. Me lo devo ricordare da dove provengo e come dal sottosuolo avrei pensato di non risalire mai.
Quando paragono la mia vita a quella degli altri e la pressione fa sembrare tutto luccicante all’esterno, dato che forse sono davvero più bravi di me a godersi la serenità, dovrei tenere a mente che non tutti hanno dovuto lottare per risalire dal sottosuolo. Non tutti hanno dovuto dimenticarsi il funzionamento di una vita intera per metterlo in discussione dopo essersi trovati di fronte a un muro perché il cambiamento sembrava impossibile. Allora doversi inventare altre strade è l’unica alternativa, pare come l’ultima spiaggia perché se nemmeno quella funziona bisogna cambiare di nuovo e la stanchezza oscilla tra quella della paura di non farcela mai e quella di non sopportarsi più come si è.
Ecco che quando qualcosa si muove all’inizio non sembra vero, poi sembra un miracolo, e infine si capisce che il cammino così pieno di buche e ostacoli ha reso possibile credere che una via alternativa c’è sempre, solo che a volte quando ci trova nel sottosuolo non si vede nulla e si deve procedere a tentoni. Mano a mano che si risale però si iniziano a vedere le prime forme e l’irrealtà assume delle sembianze nuove e sconosciute. Fa paura, perché quando le proprie radici sono profonde, inquinate e pesanti vogliono sempre trascinare tutto con loro e farmi dimenticare che non sono più nel sottosuolo, che posso guardare avanti e non indietro. Me lo dimentico ancora perché si tende a tornare sempre alle proprie origini, anche quando sono malsane, ma appena riesco a riacquistare la lucidità mi ricordo che ho una torcia in tasca, e facendo un po’ di luce vedo che non sono tornata sotto terra, era solo tutto buio e si sa, nel buio non si riesce a distinguere il paesaggio.
Però quando la luce va via succedono due piccole magie: si ricorda come la luce è tornata e si sa, anche se non come, che tutto tornerà luminoso, ma nel frattempo, al buio, anche i piccoli luccichii si fanno notare. E poi, la luce dopo tanto buio è più potente e intensa di chi è abituato a starci e allora lo sappiamo che possiamo concederci di essere immensamente felici perché è possibile nonostante le limitazioni e le difficoltà continue.
Quando torna la luce e il cuore si alleggerisce allora me lo ricordo che proprio per aver vissuto il buio e aver ritrovato sempre la luce ho vissuto più di un miracolo. Quello di aver anche scoperto la felicità sapendo che partivo da una posizione svantaggiata, e di averla ritrovata quando ho indossato le lenti sbagliate per osservare il mondo. Nessuno dovrebbe sentirsi inferiore o in ritardo, perché forse i problemi che affliggono noi essere umani sono riassumibili in qualche manuale e ci assomigliamo un po’ tutti, ma ogni singolo pezzettino che ha portato al medesimo risultato ha una storia tutta sua da raccontare, e quella sì che ci distingue, rendendo molto più complicato fare un riassunto e stabilire se sono davvero in ritardo e meno malleabile, oppure se sto seguendo semplicemente una personalissima maniera di stare al mondo nel (mio) migliore modo.
È un miracolo riuscire a intravedere che esiste un’altra modalità di vivere, perché la vita è anche bella, la realtà può assumere le sembianze di un sogno, e non perché succedono cose paranormali, solo esperienze che portano a un’illuminazione (piccola, direbbe chi ci è abituato): scoprire e toccare con mano che non esiste solo la “modalità sopravvivenza”, che a volte ci si può sentire vivi, sereni, degni di stare al mondo ed essere consapevoli di meritarselo tutto. Lo è eccome un miracolo conoscere per la prima volta la vita vera e avere le prove, da portare con sé anche nelle bufere, che il bello esiste, ha solo bisogno di essere portato alla luce.
“Ci sono solo due modi di vivere la propria vita: uno come se niente fosse un miracolo; l’altro come se tutto fosse un miracolo.“
Articolo realizzato da Sara,
per il progetto “Attivismo Digitale“