Nel 1979 usciva “Kramer contro Kramer”, film con Dustin Hoffman (Ted Kramer) e Meryl Streep (Joanna Kramer), pluripremiato, nonché una delle pellicole più iconiche su quanto doloroso e traumatico possa essere un divorzio per tutti i membri della famiglia; situazione allora poco frequente e che oggi, invece, è molto attuale.
Nel film, Ted e Joanna affrontano il dolore conseguente alla promessa d’amore infranta, ma anche il conflitto legato alla custodia del figlio Billy, di sette anni. È la madre ad andarsene, lasciando padre e figlio a dover costruire un rapporto e una quotidianità ai quali, per i ritmi intensi di lavoro di Ted, non erano abituati. Billy vive dunque l’abbandono della madre, ma l’intesa tra lui e il padre gradualmente sboccia e si fa profonda.
Dopo un lungo periodo, Joanna torna in città e nella coppia sembra potersi aprire la possibilità di un buon dialogo, che, invece, poco dopo, lascia il posto a una dolorosa causa legale: Ted aveva raccontato alla donna di un piccolo incidente nel parco, durante il quale Billy si era ferito, e Joanna fa leva proprio su tale elemento per battersi e chiedere la custodia del figlio, che poi ottiene. A quel punto Ted rinuncia a ricorrere in appello, per evitare di coinvolgere Billy nella causa, con una sua deposizione e, alla fine, anche Joanna decide di rinunciare alla custodia, perché comprende l’intensità del legame creatosi tra padre e figlio e quanto la nuova rottura di quella quotidianità ritrovata avrebbe destabilizzato il piccolo. Finale ideale, dunque, che rappresenta l’essenza della funzione genitoriale: mettere da parte le proprie ferite, la propria emotività, le proprie lotte, riconoscendo i bisogni del figlio, quale priorità assoluta.
Purtroppo, però, molto spesso ciò non accade, e non certo per cattiva volontà, ma perché il genitore può essere troppo fragile, ritrovandosi travolto dai vissuti e faticando a vedere con lucidità quali siano i bisogni dei figli o confondendoli con i propri.
Considerando la nostra attualità familiare, e cioè la possibilità di vivere i legami non come vincoli impossibili da sciogliere, una volta creatisi, ma come libere scelte, nutrite e costruite quotidianamente (o, se necessario, interrotte), la sfida diventa allora riuscire a essere una coppia genitoriale armonica e adeguata ai bisogni dei figli, anche quando non si è più una coppia vera e propria, stretta da un legame sentimentale.
Ma che relazione possiamo evidenziare tra un divorzio difficile, conflittuale e doloroso e le neuroscienze?
A questa domanda dobbiamo risponderci che, considerando i progressi della ricerca, non possiamo non tener conto di quanto la salute di un individuo, anche mentale, si costruisca durante l’infanzia. Nel libro: “Neuroscienze per la psicologia clinica”, della professoressa Emanuela Mundo, edito da Raffaello Cortina Editore, troviamo a questo proposito, importanti informazioni.
Le nuove conoscenze hanno fatto luce, infatti, sulle modalità con cui gli stimoli dell’ambiente, con i quali veniamo in contatto già dalla gravidanza, e per tutto il corso della nostra vita, apportano modifiche più o meno stabili della struttura e del funzionamento delle diverse aree cerebrali.
In particolare: “Gli eventi ambientali sono in grado di regolare l’espressione dei geni di cui l’individuo è dotato e possono determinare il fatto che l’individuo, che può essere geneticamente predisposto a manifestare particolari pattern di comportamento o di reazioni emotivo-affettive, oppure ad ammalare di una determinata condizione psicopatologica, esprima o meno tali fenotipi.”
Ad esempio, per quanto riguarda la funzione dell’attaccamento (che contribuirà a regolare gli stili relazionali in età adulta) è ormai noto che si strutturi nei primi anni di vita. E, diventando possibile valutare l’impatto di stress e traumi sulla plasticità cerebrale, sulla morfologia delle strutture e sull’espressione genica, è stata descritta la correlazione tra una persistente deprivazione emotiva o l’esposizione a conflitti familiari con la compromissione della normale crescita e dello sviluppo intellettivo, nonché con il rischio di sviluppare obesità, depressione e disturbi d’ansia nell’età adulta.
È logico d’altra parte intuire che più sarà precoce e protratto lo stimolo nocivo, maggiori saranno le conseguenze a lungo termine.
Quale riflessione possiamo fare allora?
I bambini sono individui ancora in formazione e gli stimoli ambientali hanno sul loro funzionamento e sul loro potenziale evolutivo un impatto notevole.
Oggi abbiamo chiare sia le cause, sia le modalità, sia quali siano gli strumenti per porre rimedio a situazioni di forte stress o traumatiche. Pertanto, proteggere i figli nel contesto di una separazione dovrebbe essere la linea guida principe da seguire durante tutto il processo, per quanto doloroso e difficile.
I genitori hanno la possibilità di rivolgersi in ogni momento a degli specialisti per una mediazione, una terapia vera e propria, un sostegno che possa innanzitutto accoglierli nel difficile percorso, e poi aiutarli a fare ordine tra i propri bisogni, le proprie “urgenze emotive” e quelle dei figli, che stanno vivendo con loro le conseguenze, evitando di travolgerli nel conflitto adulto.
Se la separazione sarà equilibrata e non conflittuale per i genitori, lo sarà anche per i bambini, e questo avrà un impatto fondamentale sulla loro salute e sul loro benessere, anche in età adulta.
Articolo di Lara
per il progetto “Attivismo Digitale”