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Itaca blog
09 Settembre 2024

La corsa che mi ha salvato la vita

Ricordo un giorno preciso in cui ho sentito una sensazione spiacevole in testa, come se ci fosse stato un cortocircuito. Un fastidio mentale che da atleta avrei potuto descrivere come “una tendinite al cervello”.

Da quel momento, giorno dopo giorno iniziavo a sentire la necessità di nascondermi. Di giorno in giorno la mia forza di volontà era sempre minore. Continuavo a ripensare al mio viaggio in Norvegia. Iniziavo a rivedere i video per crearne un documentario e questo mi riportava nel passato. Iniziai a convincermi che sia il presente che il futuro non mi sarebbero più interessati perché non avrei più potuto vivere qualcosa di così bello.
Ho fatto sport per tutta la vita, ma in quel periodo smisi.

Avevo realizzato il mio più grande sogno di raggiungere Capo Nord attraversando l’Europa da Sud a Nord con un triathlon estremo di 3 mesi con quello che era per me il viaggio della vita e non avere un altro obiettivo futuro fu devastante.

Mi sforzavo di vedere i miei vecchi amici. Alcuni mi dicevano “Sei depresso!” con un tono che tra le righe diceva “Ma non ti vergogni?”, così avevo capito di avere la depressione, perché prima non sapevo cosa fosse e mi convinsi che dovevo vergognarmene come se fosse una mia scelta.
Divenne sempre più difficile trovare il coraggio di uscire e vedere altre persone e piano piano mi isolai, aggravando così la mia situazione già molto difficile. Avevo paura del giudizio degli altri.

Distrutto, mi ritirai nel seminterrato dei miei genitori. Era autunno e stando là sotto non avevo più nessun tipo di contatto con la luce solare. Stavo a letto fino al pomeriggio quando mi sforzavo di mangiare qualcosa, anche solo lavarmi i denti richiedeva uno sforzo sovrumano. Poi arrivava la sera e non riuscivo più a dormire e restavo a far nulla fino alle 4 di notte.

Ricordo distintamente che a volte mentre dormivo sognavo di correre e facevo involontariamente il gesto della corsa sotto le coperte immaginando quella sensazione di libertà. Era come se nel profondo della mia anima, sapessi quale fosse la cosa giusta per me. Avevo sempre amato correre, ma in quella fase della malattia tutto era brutto. Tutto portava a qualcosa di male. Ero convinto di non poter far nulla.

Una mattina mentre stavo a letto ho fatto un incubo che sarebbe stata la mia realtà, se non avessi reagito a quella situazione di impotenza. Mi sono visto passare a letto tutta la mia vita, invecchiare là sotto e ritrovarmi coi capelli bianchi a 80 anni, ancora su quel letto senza aver fatto nulla. Aprii gli occhi di colpo e mi sollevai terrorizzato da quell’immagine.

Passarono nove mesi di atroci sofferenze e isolamento, finché arrivò l’estate successiva e riuscii a fare un primo passo verso la guarigione. Partire di nuovo. Lasciare la Sardegna, l’isola che mi aveva dato tanto, ma in cui mi sentivo intrappolato.

Allontanarmi da casa per ricostruire la fiducia in me stesso che avevo perso. Ripresi con enorme fatica a correre e pedalare finché un giorno, perdendomi in un bosco nella periferia di Milano ricominciai a sentirmi vivo. È il potere dell’avventura, del contatto con la natura e del movimento. Toccai svariate altre volte il fondo con l’arrivo del successivo inverno, arrivando a prendere la rincorsa sul balcone e farla finita, ma rimbalzai sulla ringhiera ricadendo dentro e rimasi a terra. Non fu nemmeno una decisione, ma un impulso pericolosissimo. Trovai il coraggio di telefonare a mia madre e dirle che stavo male, e soltanto sentire la sua voce mi fece stare meglio.

Ripartii definitivamente dall’Italia in bicicletta. Attraversai il passo del Brennero in inverno per passare dal Trentino all’Austria pedalando fino a quasi 1400m di quota sotto una nevicata abbondante. Era avventura pura per me, mi sentivo rinato.
Arrivato in Svizzera mi dovetti fermare per via del covid. Parcheggiai la bici e andai a correre per mesi e mesi in montagna. Mi addormentavo ogni sera vicino a un grande fuoco sotto le stelle. In quel periodo il benessere fu permanente, mi sentii guarito.

Non era finita però, dovevo capire la mia strada. Cosa mi aveva fatto ammalare? Dovevo ascoltarmi meglio. Non ci riuscii e infatti ebbi una ricaduta ancora più grave, stavolta conoscevo il mostro e contattai velocemente un medico e iniziai una terapia che, assieme alla corsa, al contatto con la natura, al mare e agli amici, mi fece riprendere velocemente nell’arco di 3 mesi.

Adesso ho una volontà di ferro che non mi sarei mai sognato quando stavo male. Vado sempre a correre, viaggio, cerco spesso il contatto con la natura e coltivo le relazioni con i miei amici ogni giorno. Ho ripreso a realizzare le mie avventure e i miei grandi sogni.

La depressione è una malattia mostruosa che ti rovina la vita, ma si guarisce, è temporanea. Non esitiamo mai a cercare aiuto, la depressione non è una colpa.

Articolo di Mauro
per il progetto “Attivismo Digitale”