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Itaca blog
20 Settembre 2024

Quella linea sottile tra fama e malessere

Sembra paradossale, ma il legame tra successo e depressione è tanto tangibile quanto inconcepibile agli occhi di chi vive una vita per così dire “comune” e lontana dai riflettori.
La celebrità dopotutto è qualcosa che un po’ tutti sognano: ammirazione, riconoscimento, applausi e perché no, gli agi che una vita del genere porta con sé.

Eppure capita spesso di parlare di Salute Mentale, specialmente nel mondo della musica.
A far scattare il campanello d’allarme sono i molteplici suicidi (o comportamenti autodistruttivi) che hanno portato diverse celebrità a un punto di non ritorno e alla morte.

C’è da dire che chi si dedica alla musica, un po’ come con la poesia, tende a scavare e attingere molto profondamente dentro di sé e dentro vecchie ferite, cosa che per molti si rivela un’arma a doppio taglio.

“I always had one foot in this very dark, lonely, isolated world” aveva confessato in un’intervista il cantante rock grunge Chrill Cornell, morto suicida nel 2017 nella sua camera d’albergo durante un tour. Forse quello di Cornell è uno dei casi che negli ultimi anni ha fatto più scalpore, insieme al suicidio di Chester Benninghton, celebre voce dei Linkin Park e amico stretto di Cornell.

Entrambi godevano di brillanti carriere alle spalle, milioni di fan sparsi in tutto il mondo, famiglie presenti e amorevoli. Allo stesso tempo, non si nega che nelle loro canzoni emergessero spesso e senza troppi giri di parole, temi come rabbia, ansia, depressione, rapporto conflittuale con se stessi e voglia di farla finita. Abuso di alcol e stupefacenti, ben mischiati a un passato difficile e a un’estrema sensibilità verso il mondo, hanno portato alle conseguenze che purtroppo conosciamo.

Altri nomi ben noti sono quelli di Amy Winehouse, Jim Morrison, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Sid Vicious, Whitney Houston (per citarne solo alcuni). In questo caso non direttamente fautori della propria morte, ma portati all’eccesso da un comportamento autodistruttivo. Tra i casi più recenti, non possiamo non citare anche il deejay svedese Avicii, il quale più che da un passato burrascoso o una vita sopra le righe, sembra piuttosto essere stato travolto dalla macchina della fama e dai suoi ritmi eccessivi e disumanizzanti.

Le ragioni che hanno portato queste celebrità alla morte sono diverse e molteplici. Eppure c’è un elemento che sembra accomunarle, ovvero una grande sensibilità, che potremmo effettivamente definire “arma a doppio taglio”. Sentire di più, poter percepire ogni sfumatura di un’emozione, essere allo stesso tempo più suscettibili alla bellezza del mondo che ci circonda, come alle cose brutte, alla tristezza, alla solitudine, alle cattiverie davanti a cui ci sentiamo impotenti.

L’eredità lasciata, in termini musicali, è grande. Molti di loro hanno avuto il coraggio di mostrarsi fragili e rompere il tabù della Salute Mentale, scrivendo canzoni che sono state capaci di parlare dritte al cuore di molti, di gridare la propria rabbia e insoddisfazione, di tradurre in parole emozioni e pensieri inestricabili. Di far sentire meno solo un adolescente che abita nella parte opposta del mondo, ma che si rispecchia comunque nelle strofe di un determinato brano.

“I realized that if I can reveal my emotions in the songwriting world, then I can do it in the real world”. Chris Cornell si confrontava spesso e senza filtri con la figlia Lily, la quale nel 2020 – a tre anni dalla morte del padre – ha lanciato Mind wide open, una serie di interviste fruibili da varie piattaforme, il cui obiettivo è quello di parlare di Salute Mentale e ridurne lo stigma. Sono intervenuti sia professionisti che personaggi pubblici dal mondo della musica, della tv e della cultura, contribuendo a informare e condividendo aspetti privati legati a esperienze di vita o momenti dolorosi. Discuterne non è facile, ma è un primo passo in direzione di una maggiore consapevolezza emotiva, onestà verso se stessi ed apertura verso gli altri.  “I launched the series in my dad’s honor because I knew that he would be proud of my vulnerability”.

Lily Cornell non è l’unica familiare di celebrità vittime di suicidio ad aver agito in questa direzione. Ad esempio, la Tim Bergling Foundation, voluta dai genitori di Avicii, si occupa di prevenzione contro disturbi mentali e suicidio. Un modo “per fare la differenza”, come il deejay svedese avrebbe fortemente desiderato. Anche la band dei Linkin Park poco dopo la morte di Chester, ha creato un sito tributo dove compaiono informazioni e numeri per le help line di prevenzione al suicidio, in modo da sensibilizzare e incoraggiare fan (e non solo) a non lasciarsi sopraffare da pensieri negativi, ma a trovare la forza di chiedere aiuto, specialmente se si sta attraversando un momento difficile.

Articolo realizzato da Melanie,
per il progetto “Attivismo Digitale“

 

Sitografia
https://www.menshealth.com/trending-news/a19516660/chris-cornell-death-depression-suicide-interview/
https://tonedeaf.thebrag.com/chris-cornell-daughter-lily-cornell-mental-health/
https://www.rollingstone.com/culture/culture-features/lily-cornell-silver-mind-wide-open-interview-1040021/
https://tg24.sky.it/spettacolo/approfondimenti/morti-maledette-ventenni
http://www.pontilenews.it/7777/CULTURA/gli-artisti-uccisi-dal-successo-quando-il-prezzo-della-fama-232-troppo-alto.html
https://www.arezzoweb.it/2019/suicidi-e-overdose-nella-storia-del-rock-475799.html https://www.rollingstone.it/musica/news-musica/avicii-una-fondazione-per-combattere-i-suicidi/451640/