Quante volte mi sono sentita dire: “non permetti a nessuno di starti accanto, di aiutarti, di stringerti…” Vero, alcune volte rimaniamo in silenzio. Alcune volte serriamo le porte. Sbagliamo e ci chiudiamo. Spesso stiamo chiedendo aiuto. Stiamo dicendo: rimani in silenzio con me. Altre, riusciamo a superare questo modo di essere, la depressione non descrive chi siamo, non descrive il tutto, ma solo una parte di noi. E così, durante la risalita, il distacco da questa patologia, abbracciare diventa naturale: esiste un momento in cui percepiamo il calore, l’affetto del prossimo e tutto è così spontaneo che quell’abbraccio resiste nella nostra memoria. Avete mai provato l’effetto che fa? Vi siete mai sentiti tanto presenti in un gesto così semplice? Non posso dire di aver abbracciato molto e molti, ma quando è accaduto anche lasciarsi andare a quel sostegno è un grande atto di coraggio. Credo che in un abbraccio ci sia della poesia, una magia che dona fiducia al prossimo. In fondo ci affidiamo all’altro, ed è proprio in questa reciprocità che ci sentiamo meno soli come se a stringere ci fosse il cuore e non solo il corpo. Nella depressione molte sensazioni, emozioni si amplificano e se sentirci privi di qualunque desiderio è la base del “non-vivere”, stringersi forte può essere il passo che noi da soli non avremmo mai fatto.
Concludo invitandovi e invitandomi ad allenarci. Come per ogni cosa, ripetere talvolta fortifica. Abbracciare non è un atto dovuto, non è un movimento meccanico. Se ci diamo la possibilità di tenere tra le braccia la persona che vogliamo aiutare, tutto prende una direzione nuova. Pensiamo ai più piccoli, a quante volte li prendiamo in braccio per dare loro quel sostegno incondizionato senza chiedere in cambio nulla. Allo stesso modo offriamo anche agli adulti piccoli momenti di leggerezza fraterna. Un abbraccio è per sempre. Proviamo?
Articolo di Eleonora
per il progetto “Attivismo Digitale”