27 Ottobre 2022

Molti mesi fa un ragazzo, in cura per il Disturbo Ossessivo Compulsivo, mi ha scritto in privato, confidandomi con commovente sincerità ciò che, giorno e notte, lo tormentava:

“Mi strugge l’assurda – perché ne sono consapevole – convinzione che, pronunciando la parola ‘cancro’, inevitabilmente mi ammalerò. E, come se non bastasse, la sicurezza che la probabilità, ossia il rischio che tale evento si verifichi, cresca all’aumentare del numero di volte in cui la dico”.

La mia risposta, peraltro non da professionista, ma da ragazza che vive questo disturbo, non si fece di certo attendere, comprendendo appieno quell’angoscia:

“Nella vita, caro R., può accadere, ahinoi, di ammalarci, tuttavia questo è del tutto indipendente dal nostro comportamento, ovvero da ciò che pensiamo, immaginiamo o diciamo e dalla frequenza con cui lo facciamo”.

Ecco, il DOC, in tale fantasiosa, ma egualmente dolorosa, sfumatura, consiste proprio nella esacerbazione e sproporzione di un pensiero superstizioso. Colui che ne è vittima reputa che il fatto di ripetere o non ripetere determinate azioni un esatto numero di volte, eseguire o meno alcuni gesti, pronunciare o non pronunciare talune parole, guardare o meno una cosa, un numero o un colore e, infine, conteggiare o non conteggiare alcuni oggetti un tot di occasioni sia decisivo per l’esito degli eventi.


A questo punto, credo sia interessante raccontarvi un divertente esperimento, condotto nel 1948 dallo psicologo statunitense Burrhus Frederic Skinner, proprio al fine di spiegare in cosa consista il DOC superstizioso.

Il famoso comportamentista mise alcuni piccioni famelici in una gabbia, dotata di un innovativo marchingegno che, ogni 15 secondi, avrebbe concesso loro un piccolo quantitativo di cibo, a prescindere (attenzione!) da quale sarebbe stato il comportamento degli animali.
La condotta più scontata, naturalmente, risultava quella di piazzarsi dinanzi all’erogatore e attendere la ricompensa. Tuttavia, contrariamente a quanto si aspettasse lo psicologo, nessun piccione assunse tale atteggiamento. Piuttosto, ogni animale cominciò a mettere in atto un proprio rituale: beccare, grattarsi o girare.

Il caso volle che, pochi attimi prima che il marchingegno rilasciasse il cibo, uno di loro stava piluccando, un altro si stava grattando e, infine, l’ultimo era intento a ruotare su se stesso.
Dunque, i piccioni si convinsero, erroneamente, che vi fosse un legame causa-effetto tra l’atteggiamento che avevano assunto prima dell’erogazione del cibo e la distribuzione dello stesso. Iniziarono a ripetere ossessivamente quel comportamento e il solo fatto di ottenere, ogni 15 secondi, una pallina di cibo, costituiva una inconfutabile prova a sostegno della loro persuasione. Tuttavia, capite bene che, anche se i piccioni fossero stati immobili, il cibo gli sarebbe stato elargito ugualmente, esattamente, come da timer, ogni 15 secondi.

In questo modo, Skinner dedusse con estrema facilità, da tale esperimento, che coloro che soffrono di DOC pongono in essere comportamenti superstiziosi, perché collegati, del tutto casualmente, a una sensazione di pace e serenità. Basti pensare a quelli eseguiti al fine di alleviare, sebbene solo momentaneamente, la percezione dell’ansia.

Avviandoci alle conclusioni e compiendo un piccolo passo temporale in avanti, vorrei riuscire a farvi sorridere e, perché no, anche riflettere.
Nel 1989 lo psicologo austriaco naturalizzato statunitense, Paul Watzlawick, ci ha lasciato la narrazione di una storiella alquanto esilarante. Pare che uno psichiatra, durante una seduta, chiese al suo paziente come mai avesse l’abitudine di battere sempre le mani. L’uomo, con naturalezza e spontaneità, rispose, senza esitazione alcuna, che tale gesto serviva a mandar via dalla stanza gli elefanti. Quando il medico gli fece notare, con altrettanta disinvoltura, che lì non ve ne erano il paziente, piuttosto soddisfatto e continuando a battere le mani, ribattè: “Dottore, ha visto che funziona?!”


Articolo realizzato da Anna,
per il progetto “Attivismo Digitale