
Cos’è esattamente la depressione?
La definizione medica che si legge nel manuale dei professionisti considera depressione un disturbo comune che si presenta soprattutto con umore depresso e/o quasi completa perdita di interesse o piacere nelle attività che in precedenza erano considerate piacevoli, con conseguenti sintomi sia somatici (ad esempio, variazione di peso, disturbi del sonno) che cognitivi (ad esempio, difficoltà di concentrazione).
La depressione può compromettere sensibilmente la capacità di funzionare sul lavoro e le abilità di interazione sociale; il rischio di suicidio è significativo.
C’è pertanto una descrizione scientifica che identifica questa malattia, allora perché a volte non riusciamo a capirla in tempo?
Ci sono diversi tipi di depressione, tutti con un evento scatenante, quello che vorrei affrontare oggi è il tema della depressione post-partum. Questo tipo di patologia è ancora meno affrontata nella società moderna.
Informazioni attendibili relative a questa tematica dicono che non ci siano dati aggiornati sull’incidenza di questa malattia sulla popolazione italiana, dato da cui capiamo quanto sia poco considerata questa malattia in Italia. Si stima che nel nostro Paese siano oltre 90.000 le donne che soffrono di disturbi depressivi e di ansia nel periodo perinatale, che comprende la gravidanza, il puerperio e i dodici mesi successivi al parto.
La depressione post-partum purtroppo è strettamente legata al suicido. In un articolo del 2023 dell’istituto Superiore di Sanità leggiamo che nel nostro Paese il suicidio in gravidanza e nel primo anno dopo il parto è un evento raro, tuttavia, in Italia riguarda 2,3 donne per 100.000 nati vivi.
A esserne colpite sono circa il 16% delle donne nel periodo della maternità, con percentuali dal 10-16 al 14-23% in gravidanza e dal 10-15 al 20-40% nel post partum. Si tratta di stime molto approssimative, dal momento che i sintomi sono frequentemente sottovalutati sia dalle pazienti sia dai clinici e che solo in circa la metà dei casi viene riconosciuto il disturbo e data risposta adeguata.
Posso portarvi però una mia esperienza familiare: mia sorella ha sofferto di depressione post-partum. Questo tipo di depressione è ancora più subdola, quasi contorta. Ho capito, guardando quello che succedeva intorno a me, che purtroppo questo è uno stato depressivo in cui la persona malata non si rende conto di cosa stia succedendo e ascolta solo la sua voce interiore, le sue emozioni discordanti tra loro.
La persona che ne soffre non si rende conto di dove sta andando e il tutto non inizia per pensieri negativi legati strettamente al cambiamento della fisicità o alla “fatica” di essere madre, ma avviene tutto a seguito a dei traumi o a dei disagi personali. Eventi successi durante la gravidanza come ad esempio una gravidanza non desiderata o in età giovanile; oppure traumi dovuti a complicanze durante il parto oppure la separazione della donna dal suo bambino/a.
Questi sono eventi poi si ripercuotono nella vita reale fatta di sacrifici fisici e psicologici che portano, negli ultimi anni, ad incrementare pensieri e tentativi suicidi. Nella nostra società, in cui anche i media o i social media affrontano la maternità come un evento per tutte bellissimo che dona pienezza e completezza ad una donna, ci dimentichiamo di quelle donne che invece stanno attraversando un momento buio e vedono la loro vita come “sbagliata” o si vedono come “madri sbagliate”, il tutto, pertanto, diventa un boomerang, pieno di pensieri negativi che portano queste donne a vedere la loro vita come sbagliata.
Concludo questa riflessione affermando che se nel 2025 non ci dovessimo sempre ritrovare a parlare di maternità come ad un obbligo sociale e culturale ma finanziassimo maggiormente le nostre risorse per supporti psicologici allora forse riusciremmo ad aiutare più donne, per tutte ci può essere il lieto fine, tutte potevano, possono e devono essere aiutate.
Articolo di Susanna Albanese,
dal Progetto di Attivismo Digitale