
Ad un certo punto ti chiedono “cosa hai provato?” e tu, non solo non sai rispondere a parole, ma nemmeno nei pensieri. E una domanda apparentemente così semplice diventa fonte di pura confusione.
Alessitimia è una parola di origine greca che, letteralmente, significa “mancanza di parole per emozioni”, è infatti l’incapacità di riconoscere e descrivere i propri stati emotivi e quelli altrui.
I soggetti alessitimici provano emozioni e mostrano una normale attivazione di fronte a eventi che le scatenano, ma hanno scarse capacità di organizzare mentalmente la loro esperienza corporea; ne consegue che hanno difficoltà ad esprimere le loro emozioni a parole e si concentrano su altri aspetti della situazione.
Giorgia ha litigato col suo compagno, erano in macchina in un parcheggio bagnato dalla pioggia, e si sono urlati contro solo parole cattive, poi lui è sceso e ha sbattuto la portiera, lasciandola lì col mascara colato. Dopo una settimana Giorgia parla col suo psicologo, gli racconta quando, come e perché avessero litigato, gli parla della pioggia che era scesa quella sera, di ogni frase cattiva, dello sportello della macchina, ma alla domanda “e tu cosa hai provato?”, lei non sa rispondere. Cala il silenzio. “Rabbia? Tristezza? Delusione?” la incalza lo psicologo. Ma Giorgia riconosce solo il silenzio e si ricorda soltanto di aver avuto il mascara colato.
Normalmente, quando un evento provoca in noi un’emozione, si attivano un’elaborazione psico-cognitiva e un’attivazione affettiva; si elaborano gli elementi somatici e psichici, fino ad essere in grado di esprimerli in modo adeguato. Nel caso dell’alessitimia questo non avviene, il processo si blocca e rende i soggetti incapaci di esprimere le emozioni.
Giorgia, ad esempio, ha provato delle emozioni che l’hanno portata a piangere, ma i suoi processi cognitivi sono come bloccati e non le permettono di recepirle e di conseguenza esprimerle, e finisce per concentrarsi solo sugli eventi in sé per sé e non sul suo vissuto, quindi orientarsi all’esterno anziché all’interno.
Il processo che permette alle emozioni di tradursi in un concetto logico e organizzabile può essere bloccato da traumi passati, condizioni o con conflitti vissuti durante l’infanzia.
A livello neurofisiologico, invece, l’osservazione sperimentale ha concluso che l’emisfero destro del cervello è coinvolto maggiormente nell’elaborazione emotiva, mentre il sinistro nell’articolazione del linguaggio. Quindi una causa dell’alessitimia potrebbe essere un’interruzione della comunicazione tra i due emisferi.
Inoltre, è un disturbo che viene associato spesso a uno stile di attaccamento insicuro-evitante, tipico di chi ha continuo bisogno di attenzioni e rassicurazioni.
Di fronte al suo psicologo, Giorgia si sente un’analfabeta delle emozioni, si sente vuota. Ma lui le spiega che la psicoterapia può aiutarla a migliorare, le insegna passo per passo a sentire il suo corpo, a guardarsi dentro anziché concentrarsi solo sull’esterno. C’è una soluzione.
Se non sai rispondere alla domanda “cosa provi?” non ti manca l’intelligenza emotiva, e non per forza hai un disturbo di qualche tipo, potresti solo essere un soggetto alessitimico e aver bisogno di parlare con un terapeuta per trovare la strada per sentire le emozioni ed esprimerle.
Articolo di Carolina Ostini,
dal progetto di Attivismo Digitale.