16 Dicembre 2021

“Non si può andare nella direzione opposta al proprio stato d’animo”

Quanto dolore si prova nel non riuscire a comunicare con chi si ama? Credo, purtroppo, che sia capitato a molti di noi. Sappiamo di essere totalmente collegati a qualcuno, ma si va a instaurare una distanza incolmabile a causa delle proprie ferite.
Quindi cosa possiamo fare?

Personalmente sto così: sono per la prima volta profondamente legata a qualcuno, ma si è instaurata una voragine tra di noi. Così persa tra i film di Netflix – che ultimamente pare riconosca il mio stato d’animo – mi sono ritrovata a vedere “Nessuno si salva da solo”.

Mi ritrovo quindi nella storia di Delia e Gaetano, entrambi divorati dalle proprie sofferenze mentali e schiacciati dalla realtà. Si incontrano e si amano, si separano e si amano, si incontrano di nuovo e continuano ad amarsi nonostante tutto.
Ma sanno di amarsi?

Ho odiato questo film per quanto è diretto.
Delia ha sofferto di anoressia e, nonostante il peggio sia passato, continua ad attuare dei comportamenti di compensazione: quando il suo
dolore è troppo grande, lei non riesce a mangiare. Vuole essere vista, vuole comunicare il suo dolore, ma vorrebbe scomparire.
Gaetano la vede e forse è l’unico in grado di farlo, ma è diretto, vive in base ai propri istinti e non si sofferma, non pensa a sé. Anche lui è perso, non riuscendo a comprendere quello che prova: “la felicità non cade dal cielo, la felicità
sceglie e noi non siamo in lista”. 

In questa storia ci sono demoni e fantasmi: c’è una sofferenza psicologica che non può essere risolta insieme, ma allo stesso tempo “nessuno si salva da solo”.

Non farò spoiler sul film, ho letto alcune recensioni e tutte quante lo presentano con un finale drammatico…e se non fosse così? 
Alla fine, dopo averci ragionato su, non credo di odiare questo film.
A differenza di alcuni articoli che ho letto, personalmente ho visto dell’altro: il senso del limite.
Tutto rimane inrealtà aperto, bisogna affrontare la crisi, arrivare al proprio limite cosicché possiamo andare oltre. Il limite non è un muro, ma un punto di partenza verso altre possibilità. 
Riprendendo la domanda iniziale, che cosa possiamo fare?
Dobbiamo essere sinceri con noi stessi, dobbiamo fare i conti con i nostri sentimenti e lavorare sul nostro dolore, chiedendo aiuto. 
Andremo   oltre,   saremo   diversi   e,   forse,   quella   distanza   può   essere   finalmente colmata.
Quindi rimane a noi: ci proviamo o rimaniamo fermi? Personalmente mi concedo il rischio.

Articolo realizzato da Giulia 
per il progetto “Attivismo Digitale