30 Marzo 2022

“Non ti riconosco più”. Ogni volta che negli ultimi mesi le persone a me vicine hanno pronunciato queste parole, ho provato un misto di paura e sollievo.

La paura era per la vocina nella mia testa che voleva farmi dubitare dei passi in avanti, troppo “non da me”. Il sollievo era dato dalla consapevolezza di essermi liberata dalla rigida definizione di me stessa nella quale  volevano incasellarmi.

Credo di non essermi riconosciuta molte volte, ed è paradossale che quando non comprendevo il mio funzionamento e i miei meccanismi interiori, le altre persone sembravano invece conoscermi alla perfezione. Iniziando invece, con dedizione e pazienza, a smussare un po’ gli angoli, allora si diventa improvvisamente degli estranei.

Questo meccanismo induce una riflessione: se le stesse persone che non ti riconoscono più, ti avessero visto nella tua complessità e non si fossero accontentate di una facciata, forse non avrebbero notato due versioni di te diverse, ma piuttosto un percorso che porta con gradualità da un punto all’altro con tanti intermezzi e punti morti, abissi e qualche piccola luce, inciampi, stampelle, graffi e cerotti.
Alla fine eccola la mia versione aggiornata, con la solita parvenza esteriore, che ha sempre preso in giro tutti fingendo felicità, solo che adesso viene un po’ più spontanea, forse per la scopertache non esistono solo la tristezza, l’apatia e le ossessioni nella vita.

E poi c’è la versione interna a cui ho provato a dare un po’ di spazio, non per volerla teatralizzare, ma per rendere giustizia a chi sono dietro la copertina: la vergogna di mostrarmi nelle mie vulnerabilità è sempre stata così intensa che ho preferito vivere in una costante bugia, e la voglia di esplodere, strappandomi una maschera così soffocante che mi impediva di respirare era tanta, al punto da diventare insostenibile: nessuno merita questo enorme peso sulle spalle. Ma proprio per questo l’aria nuova che si respira fuori dalla finzione ha un altro sapore, ed è così bello sentirne la brezza.

Se solo esistesse un manuale di istruzioni o un update automatico che spiega ogni nuovo aggiornamento dell’applicazione anche per la propria interiorità… La fregatura è che sono sempre riuscita a mascherare molto bene il dolore, arrivando ad impersonarmi in esso, ma non sono riuscita a fare altrettanto con il sollievo che ho provato quando mi sono sentita meglio, e la felicità autentica è diversa da quella fittizia, sa più di reale, artigianale, genuina.

È la stessa differenza fra una merendina del discount e una torta di pasticceria: sono entrambe dolci, ma la seconda ha qualcosa in più. Ora io non sono sicuramente al livello della torta del pasticcere migliore della città, direi del più mediocre per onestà e tendenza all’autocritica, ma si noterà una differenza non da poco per chi era abituato a un misero dolcetto.

Ho scoperto che esiste un universo che va al di là di quello che ho sempre conosciuto, con nuove sfumature di colore oltre al grigio e al nero. Forse la vera sfida, ma anche la più grande soddisfazione, è rendersene conto e sapere che i colori torneranno sempre, anche quando si nascondono bene. È possibile ritrovarli pure nei momenti in cui non ci speriamo e tendiamo a dimenticarci come si viva in un mondo a colori. Adesso capisco che esistono anche gli intermezzi, però sono solo una piccola parte dell’immensa tavolozza di sfumature a nostra disposizione.

Riconoscermi mi viene difficile, perché presuppone di essermi a un certo punto nella vita conosciuta. Vorrei incontrarmi per la prima volta, darmi un appuntamento e mostrarmi ai miei occhi per come sono davvero, scostando il mantello nero e soffocante del dolore. È una vita che prova ad offuscare chi sono realmente, ma intravedo adesso che siamo due entità separate e che io esisto anche senza di lui. Non so ancora definirmi e forse non ce n’è bisogno, perché le etichette sono troppo statiche e nessuna persona è classificabile come una cosa sola. Ma so che ogni volta che quel mantello proverà a sbarrarmi la strada e a farmi dubitare di essere qualcosa senza di lui, potrò concedermi l’incosciente libertà di non crederci.

Articolo realizzato da Sara 
per il progetto “Attivismo Digitale