04 Ottobre 2021

Mia madre mi ripete sempre: “Quando diventerai genitore, lo capirai!”. E, sebbene sia difficile ammettere che i nostri “vecchi” hanno – spesso, molto spesso – ragione, mi tocca dire che non si sbaglia affatto.

In quell’afoso pomeriggio di luglio di qualche anno fa arrivò, finalmente, la diagnosi. Lo psichiatra disse che avevo un disturbo mentale. Fu in quell’istante che i miei genitori si rivolsero a lui, forse con un briciolo di timore. Gli chiesero, con la spontaneità che li contraddistingue da una vita, “Come dobbiamo comportarci con lei?”. Il medico sorrise e disse: “Con il buon senso che avete utilizzato fino ad ora”. Calò improvvisamente il silenzio.

Di grazia, che significa “buon senso”? Qualcuno lo sa? Beh, i miei genitori no, credo che abbiano cercato la giusta definizione da quel giorno in poi. Ma l’hanno trovata? Non penso. Eppure, sapete, io il buon senso l’ho visto in ogni loro parola, in ogni gesto, in ogni sospiro, in ogni silenzio, sempre, sebbene stessi male e non riuscissi ad apprezzarlo.

C’era buon senso quando mia madre mi imboccava pur di farmi mangiare, seduta al mio fianco per ore e ore. C’era buon senso quando mi prendeva con le sue mani forti e mi scuoteva, dicendomi: “Anna, basta!”, mentre io davo fiato alla mia voce interiore, urlando frasi che non avrei mai voluto pronunciare e sentire. C’era buon senso quando papà tentava di razionalizzare i miei pensieri, chiedendomi una spiegazione del perché li elaborassi, credendo dipendesse da me. C’era buon senso quando papà cercava disperatamente una causa fisica al mio male interiore. C’era buon senso quando papà accendeva una sigaretta, per alleviare il dispiacere che lo logorava, e ricominciava con le sue tenere rassicurazioni. C’era buon senso, punto.

Un messaggio ai genitori di giovani con disagio mentale

Ancora oggi mi domando come facesse, mia madre, ad essere sicura che non avrei mai, a causa del disturbo, nuociuto a me stessa o agli altri. Sono state veramente tante, quando stavo molto male, le volte in cui le chiedevo: “Mamma, come fai a sapere che non farò del male a nessuno? Come fai a dire che non farò mai nulla di tutto ciò che penso? Trasmettimi anche soltanto un decimo della tua sicurezza”. E lei, ogni santissima volta, rispondeva: “Amore, so come sei. Io so chi sei. Mi basta questo. Non faresti del male neanche a una mosca”.

Credo che la risposta possa riassumersi in due parole: è madre. E le madri sanno, le madri sentono. Mia madre non ha mai avuto dubbi o esitazioni, non ha mai avuto paura di me, dei miei pensieri e delle mie ipotetiche azioni. Lei sapeva, lei sentiva. Ai genitori disperati, sfiniti ed esausti perché non sanno come comportarsi con un figlio che ha un disturbo mentale, ecco, a tutti loro voglio mandare un messaggio:

Riempiteci d’amore, come solo voi sapete e potete fare, perché non esiste un libretto delle istruzioni per essere genitori, non siete elettrodomestici, non sarete mai perfetti e questo è umano. Siate semplicemente voi stessi, con i pregi e i difetti che vi contraddistinguono. Amateci, è l’unica cosa che riesco a suggerirvi, da figlia con un disturbo mentale. Voi fate molto più di ciò che credete, voi siete molto di più di quanto pensiate. Siete immensi, in un corpo così piccolo, in uno spazio così limitato.”

Inevitabilmente penso ai miei genitori, voglio ringraziarli, anche se le parole non saranno mai abbastanza, per tutto ciò che hanno fatto, per ciò che fanno e ciò che faranno per me. Perché io il loro amore lo sento ogni giorno, persino quando tornano a farsi sentire le ossessioni, anche quando non posso apprezzarlo come vorrei.

Cari mamma e papà, è vero, ancora non posso capire cosa significhi avere un figlio, però so con certezza che quando diventerò genitore vorrò essere esattamente come voi, perfetti nelle vostre umane imperfezioni.
A tutti i genitori di figli con un disturbo mentale: grazie, di cuore!

Anna, Storie di una ragazza DOC
Progetto Attivismo Digitale